Commento (tradotto liberamente dal sottoscritto) del recente downgrade italiano da parte di S&P:
<<Il recente downgrade del debito italiano non ha sorpreso nessuno di coloro che seguono il mercato mobiliare italiano: osservando il FTSE MIB nel medio termine si osserva una debole performance, un minimo di -71.6% nel marzo 2009 rispetto alla punta del maggio 2007 e, ancora il 20 settembre scorso, un livello di -67.6% (come si vede dal grafico che segue).
S&P utilizza 5 indicatori più importanti per dare il rating sui debiti sovrani:
– politico, relativo alla capacità di governare le finanze pubbliche e lo sviluppo e di reagire agli shock;
– economico, cioè una combinazone fra livello del reddito, prospettive di sviluppo, diversificazione e volatilità dell’economia;
– esterno, relativo alla capacità di generare risorse dall’estero per fronteggiare il debito dei non residenti;
– fiscale, relativo alla sostenibilità del deficit e del debito accumulato;
– monetario, relativo alla capacità di mantenere l’affidabilità del Paese nel tempo.
E’ stato spiegato publicamente che il downgrade è dipeso prevalentemente dalla valuatzione dei due fattori politico e fiscale.
Nel caso italiano, peraltro, è probabilmente il fattore demografico (there is a demographic elephant in the room) a preoccupare S&P che riscontra una scarsa capacità nel lungo termine di migliorare.
Il grafico che segue (dati del U.S. Census Bureau) mostra la differenza fra una piramide standard e la distribuzione della popolazione italiana per età e per sesso.
L’Italia ha un sorprendente rigonfiamento nella fascia di età 35-49 che, nelle economie sviluppate, viene associata agli anni di maggior reddito.
Se i governanti ricodurranno questa anomalia nella giusta direzione, l’Italia potrà risollevarsi.
Se, invece, non se ne libereranno rapidamente, saranno le prossime generazioni a sopportarne il peso>>.
Ma, vien da chiedersi, a quale comparto della politica italiana interessano queste osservazioni?
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